S'accabadora

Sa femina accabadora rivisitata in chiave moderna dall'artista Rosetta Murru ha fatto da filo conduttore del nostro convegno. Una figura serena e rassicurante, che con altruismo e profondo senso umanitario pone fine a lunghe e dolorose agonie e favorisce il dolce trapasso.
Rosetta Murru con la sua incomparabile maestria e originalità artistica ha rappresentato il senso e il significato di un incontroche, richiamando la pratica de sa accabadura, ha aperto pagine di riflessione sul tema del fine vita, oggetto ancora oggi di contrastanti posizioni sul piano etico, politico, religioso e giuridico.
La visione dell'intervista-documento "Ho visto agire sa Accabadora" , la prima testimonianza oculare sulla accabadura,
realizzata nel 2008 dalla saggista Dolores Turchi alla allora novantenne signora Paolina Concas di Gadoni, ha dato il via
all'interessantissimo e partecipato incontro-confronto, introdotto e coordinato da Lisetta Bidoni, la quale ha tracciato il profilo delle due relatrice, Dolores Turchi e Franca Piras, e richiamato la profondità di una pratica umanitaria e di grande attualità nel dibattito politico e sociale odierno.
Franca Piras nella sua puntuale relazione ha ricostruito il complesso e articolato dibattito, spesso dai toni accesi, che si è sviluppato tra ricercatori, uomini di chiesa e intellettuali (La Marmora, Pasella vs Angius; Bussa vs Turchi-Cau; Cinus-Demontis-Marini-Staffa) attorno alla esistenza o meno della figura de sa accabadora, mettendo in particolare risalto le argomentazioni e il grande lavoro di ricerca e studio condotto da Dolores Turchi, la quale con il saggio “Ho visto agire sa accabadora” ha confermato l’esistenza di una pratica caritatevole e pietosa, messa in atto per porre fine a indicibili sofferenze in punto di morte.

Un parte della relazione è stata dedicata alla descrizione degli oggetti utilizzati da s’accabadora e del loro signficato: su
jualeddu,sa mazzocca, il pettine,lo scanno, s’ossu sanadore. Dolores Turchi, rispondendo alle tantissime domande, ha precisato e approfondito la pratica de sa accabadura, richiamando testimonianze, riti e studi che ne confermano l’esistenza non solo in Sardegna ma in diversi paesi del Mediterraneo, e confutando con argomentazioni fondate le tesi di chi non la riconosce.

Dolores Turchi ha anche precisato che sa accabadura veniva praticata in casi eccezionali, su richiesta dei familiari, per porre fine a lunghe dolorose agonie. La ricercatrice ha inoltre ricordato che, in caso di sofferenza prolungata del morente, era usuale effettuare prima la cosiddetta accabadura magica, cioè preghiere, spogliazione delle immagini sacre dal malato e dall'ambiente in cui agonizzava, apposizione de su jualeddu, per poi passare alla c.d. accabadura violenta e porre finalmente fine alla vita terrena con l’utilizzo de su jaleddu o de sa mazzocca o de su ossu sanadori o del cuscino, a seconda delle diverse realtà.

Non sono mancate domande sul fine vita, sull'eutanasia, sulla sedazione palliativa, sul diritto di scelta, temi sensibili che secondo Dolores Turchi vanno ricondotti alle individuali convinzioni etico/relgiose e inseriti nell’attuale contesto medico-scientifico e giuridico.